sabato 22 agosto 2009

Addio alla Suonatrice Jones


Quello che mi importa è grattarsi sotto le ascelle è il titolo di un’intervista fatta da Fernanda Pivano a Charles Bukowsky nel 1980. Dal titolo di questo piccolo libretto edito da Feltrinelli il blog in cui state navigando trae il suo nome. Sebbene sia forte la tentazione di fermarmi a parlare di questa piccola grande chicca per i lettori del poeta e scrittore americano, vorrei sfruttare questo spazio per rendere un modesto e sentito omaggio alla scrittrice, giornalista, traduttrice e critico letterario di origine genovese.

Spentasi martedì scorso all’età di 92 anni, Fernanda Pivano ci lascia un patrimonio letterario di inestimabile valore. E’ grazie alla sua sensibilità, infatti, che oggi autori come Hemingway, Melville, Kerouac, Bukowski, Masters, Faulkner, Fitzgerald, Anderson, Stein, Corso, Ferlinghetti, Ginsberg, Palahnjuk, Ellis, e tanti altri fanno parte del nostro bagaglio culturale comune. In particolar modo la morte della scrittrice mi colpisce, sia per la passione che da sempre provo nei confronti della letteratura americana, sia per la stima che ho per questa donna intelligente e vitale, che può vantare tra i suoi maestri gente del calibro di Cesare Pavese e Nicola Abbagnano.

La sensibilità della Pivano la rendeva  in grado di cogliere le nuove istanze giovanili. Su tutto la sua traduzione e prefazione alla prima edizione italiana di Sulla Strada, opera fondamentale della beat generation.  
Non era accademica, aveva bisogno di un contatto diretto con i suoi scrittori. Ci parlava direttamente, ne era amica e sentiva il bisogno di andare al di là della semplice parola scritta, di cogliere quella linea di confine (spesso labile) tra il vissuto e la carta stampata. In una delle battute conclusive di Quello che mi importa è grattarsi sotto le ascelle la Pivano si rivolge a Bukowski dicendogli:

“Dai tuoi libri pensavo che tu fossi aggressivo e invece sei tollerante. Ed è una bella sorpresa per me. Peccato che questa intervista è stata troppo corta. Forse Joe mi porterà qui di nuovo la prossima volta che vengo a San Francisco. Così la prossima volta non dovrò pensare al registratore e potremo passare un paio d’ore soltanto a chiacchierare. Non posso dire a bere perché io bevo solo soda, quella che noi chiamiamo acqua minerale. Hemingway mi diceva sempre ‘Figlia, questa non me la dovevi fare’.”

Non solo, Fernanda Pivano fu un’attenta conoscitrice di musica leggera, tra i primi e più importanti critici e intellettuali italiani a riconoscere dignità letteraria alla canzone d’autore. A lei dobbiamo, infatti, Blues, ballate e canzoni (Newton Compton), in cui sono presenti le traduzioni di tutte le canzoni di Bob Dylan fino al 1972.
Dell’amico cantautore Fabrizio De André era solita dire di considerarlo il più grande poeta italiano del secondo novecento. Importante il suo contributo durante la lavorazione del concept album Non al denaro, non all’amore, né al cielo, i cui testi lo stesso De André volle sottoporre all’attenzione della Pivano, curatrice della traduzione italiana di quella Antologia di Spoon River a cui l’album è ispirato. Occasione questa in cui nacque anche la profonda amicizia con il cantautore genovese, che porterà la scrittrice a dire durante la premiazione al Club Tenco del 1997:  

“Sarebbe necessario che invece di dire che Fabrizio De André è il Bob Dylan italiano si dicesse che Bob Dylan è il Fabrizio De André americano”.

Chiudo qui per mancanza di spazio e di tempo e forse anche per pudore. Fernanda Pivano è stata ed è una della figure più importanti del panorama letterario italiano e internazionale: ha attraversato tutto il '900 cogliendone i fermenti, traducendone (è il caso di dire) a modo suo il messaggio di vita dei suoi interpreti, senza però tradirli mai. Donna di straordinaria apertura mentale a cui dobbiamo molto e a cui rendo questo modesto ricordo e consiglio la lettura dei suoi diari.

Addio Fernanda, ci mancherai.

Nessun commento:

Posta un commento