sabato 19 giugno 2010

la donna, il sogno e il grande incubo (¿)

Ho solo ventiquattro anni, ma nella mia vita me ne sono già sentite dire di tutti i colori.
Mi hanno chiamato giallo, mi sono sentito rosso in viso e bianco dentro. C’è chi ha pensato che io fossi un fottuto rosa e se la ride perché il viola è da un po’ che non va più di moda. Io non ci avevo mai fatto caso.
Oddio se mi si dà del marrone non è che faccio i salti di gioia, ma dipende dai modi. Se sei bravo riesci a fartelo venire fuori lo stronzo che sei. Soprattutto con la persona giusta.

Una ragazza che amavo una volta volle sentirsi dire da me una rima in cuore/amore. In risposta al mio rifiuto, mi disse “beh, mi aspettavo di più da un poeta” con quel labbro arcuato che è l’ampiezza del disprezzo. Inutile dire che mi sentì come un occhio nero. C’era un mare di cose che non potevano essere spiegate in quel momento. Un cielo livido in pieno Agosto.

Un’altra botta me la diede proprio lei. Un giorno mi disse che io non sapevo che cos’era il romanticismo, perché non le portavo mazzi di fiori ogni giorno, né le avevo mai offerto una cena in un bel ristorante come faceva suo padre con la mamma grassa che aveva. Le dissi allora che verde era il colore dei soldi e della muffa più o meno, persino della rabbia che le saliva sul volto mentre pronunciavo quelle parole, ma certo non aveva niente a che vedere col romanticismo se era di quello che volavamo parlare. Solitamente, si sa, è rosso come il sangue della povera gente.

Pensare che io il sangue l’avevo pure donato per farla contenta. Non è che sia contrario alla donazione, anzi, ma avevo, ho e avrò, una paura fottuta dell’ago. Non sono un codardo, se c’è un buon motivo per fare qualcosa la faccio. E’ una paura da pigro la mia. Perché stuzzicare il cane se dorme? La ballata della vanità.
Insomma, di colori ne ho visti e sentiti tanti. Ho subito il disprezzo di persone a me care. Mi sono sentito chiamare pazzo, stronzo, alcolizzato, cretino. E non con quel tono che si usa tanto per dire, del tipo “sei proprio un pazzo” e segue una risata. C’è chi mi ha minacciato di TSO strattonandomi per il colletto.

Poi quelle stesse persone non mi hanno degnato di un braccio nei momenti più duri. Appollaiato in un angolo non mi sono potuto permettere nemmeno il sollievo di un pianto. Nessuno a cui dire, no non è vero, anche senza poterci fare niente. Solo l’ennesimo occhio attento e la bocca che schiocca “perché non ci scrivi una poesia?” Perversi.

Ah, maledetta poesia. Non fate mai l’errore di firmare una poesia o di farla leggere direttamente a qualcuno. Salinger diceva che la seconda più grande virtù di uno scrittore è l’anonimato, e aveva ragione. Da vendere aggiungerei. Impara l’arte e mettiti da parte, gli altri questo non lo capiranno mai.

Tutto ciò per dire qualcosa. Non so. Volevo dire qualcosa riguardo alla comunicazione, ma il punto è che lo sanno tutti quanto la comunicazione sia dannatamente difficile. Qualcuno mi disse che tra tutte le arti che potevo scegliere avevo optato per quella più discreta, che era sintomatico quasi. Sintomatico per un pazzo, aggiungevo io ridendo.

Ecco è quel ridendo di cui voglio parlare. Non sono così pietoso da venire qui a piangere sul fatto che la vita è dura e non tutti i buoni lo sono abbastanza da farle fare brutta figura. Però ogni tanto ripenso ad un fumetto. Un mensile che amo e a cui devo molto, a lui e al suo autore: Tiziano Sclavi. Molte cose le ho scoperte così da piccolo maturando una mia teoria. L’unico modo che aveva Dylan Dog per sopravvivere ai suoi incubi era l’ironia. Non si prendeva molto sul serio il vecchio Dylan. Se qualcosa proprio andava storto, se la vita smarriva i confini che qualcuno ha tracciato tra realtà e orrore, allora arrivava Groucho con la pistola. Un altro folle, da un altro mondo, pronto a passargliela ovunque lui si trovasse. E’ senza ironia che si perde davvero il senno. Lo avevo capito.

Lo capisco tutt’ora che mi sento così patetico a parlarne. Che un amico incontrandomi mi ha detto “mi sei sembrato blu ad essere sincero” “Come Drake?” “Come Drake, appunto”.

Un pugno sul muso che non so prendere sul serio.


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