mercoledì 30 giugno 2010

Il SUV del capitano "Achab"


Ponte Lungo - Via Salaria, ora di punta.

Devo arrivare in segreteria almeno mezzora prima dell’apertura degli sportelli, altrimenti mi aspetta una coda simile a quella che hanno fatto i tifosi interisti per i biglietti di Madrid.
Io però non posso far passare il tempo cantando ubriaco a squarciagola cori da stadio. Bella differenza.

Monto in sella al mio bolide, una Bianchi da passeggio che avrà almeno una ventina d’anni.

Un passaggio obbligatorio per il 90% delle destinazioni, è la rotonda di “Re di Roma”, famosa piazza di ritrovo per anziani la mattina, coatti il pomeriggio, e tossici la notte. La strada ricorda il circuito della ventiquattrore di Le Mans, un cerchio perfetto. Sarà per quello che la maggior parte dei motorizzati la prende a 60 kilometri orari, un paradiso per i pedoni e quelle strane creature deformi che si muovono in bici.
Se passi indenne la rotonda ti aspettano altre due forche caudine.
La prima si chiama Porta Maggiore, uno snodo stradale che collega verso qualsiasi direzione. In questo luogo tutto è inquinato, persino il cibo : il venditore ambulante si chiama “O Zozzo”, da anni il suo posto è quello nel quale penso converga la più grande massa di CO2 di tutta Roma. Adoro osservare la gente che mangia seduta sul bordo del marciapiede, con in faccia i tubi di scappamento delle macchine lasciate accese per inerzia. Se ha avuto una giornata difficile, la gente la sera va dallo “Zozzo” : CO2 più “pane e merda”, uguale Tavor.
Io per sballarmi come si deve, non devo far altro che aspettare di passare in bici dalla stazione Termini. Lì spesso vengo colto da crisi e deliri mistici da monossido di carbonio. Se mi impegno e riesco a fare un bel respiro profondo, dopo aver pedalato di gran lena per togliermi dalle palle il clacson della signora Maria, posso cadere in stati di trance paragonabili solo a quelli dei fumatori indiani di tabacco. Più che morte apparente, sono visioni strane, come quella volta al semaforo che vidi il capitano “Achab” smanettare con l’autoradio dentro un SUV lungo sette metri e alto quattro. Tornai nel mondo reale non appena “Achab” abbassò il finestrino : il gelo della sua aria condizionata mi sapeva di inferno, ufficio e colletto stretto quanto basta per non morire strozzati.

Parcheggio la bici e salgo in segreteria.

Butto un occhio alla fila, esattamente come un giocatore di poker spizza le carte della mano in cui si è giocato il braccialetto d’oro della prima comunione.
Ne avrò per un’ora abbondante, mi è andata di lusso.

Nel mentre mi arriva un messaggio dal mio coinquilino : “scusa, sai è un periodo strano, scusa davvero per la reazione”. Prima che sfidassi la metropoli in tempesta e vedessi il capitano “Achab”, aveva sbottato di brutto lanciando le cose per aria, radunando tutta la sua roba in un angolo della stanza. Mi disse con tono serioso e perentorio, “avevi detto che non avresti mai comprato un aspirapolvere in vita tua, che avresti fatto sempre tutto a mano, ed ora eccoti qui ad usarla con me per pulire la casa dopo che si è allagata! Sei uno stronzo, me ne vado!” C’è da dire che il capitano “Achab” l’avrei conosciuto di lì a poco, e forse era per quello che la situazione mi sembrava alquanto grottesca.
Ai suoi messaggi non faccio più caso da un po’, ormai lo conosco bene, so che a un certo punto ritorna a casa e via come se non fosse successo niente, Nick Drake e Lilly Gruber che fanno a botte nella stanza, il volume del tg che annienta la mia ultima canzone. Un po’ come il capitano “Achab” che dentro al SUV si annienta con Radio Deejay, e il volume appena sotto la soglia del dolore.

Ritorno a casa. Più o meno le mie orecchie ci mettono mezzora a disintossicarsi dall’inquinamento acustico, mentre per quello atmosferico c’è poco da fare. Se passi da Porta Maggiore in bici all’ora di punta, ritorni a casa con la sensazione di aver fumato trenta Marlboro rosse di fila.
Accendo la tv. Spagna contro Portogallo. Sorrido compiaciuto, ma non appena le vuvuzelas iniziano a infastidirmi, tento quasi una mossa isterica brandendo il telecomando con fare minaccioso. Poi capisco tutto e mi lascio coccolare da quel dolce suono e mi addormento.

Domani mi sa che andrò a sudare in metro.



(Michelangelo)

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