lunedì 16 agosto 2010

Quando l'amore brucia l'anima


Uno dei sogni più belli di sempre. Come ero preso da quel sogno. Non me lo ricordo ma ero preso. Parlavo come uno che ne sa più di tutti. Qualcosa che piano piano delineava il suo mosaico. Era un sogno bizantino. Avvolto nel caldo. Con la finestra chiusa perché qualcuno brucia plastica tutta la notte e si riempie la casa di fumo. Non so dove stia e non posso farci niente. La tengo chiusa e basta. Un lago di sudore.
Nuotavo dentro questo sogno caldo. La luce dell’alba sembrava non farcela. Op, luce, op. Dai che ce la fai. E niente, non ce l’ho fatta io. Mi sono alzato.
Mi svegliavo e dormivo un’altra volta. Raffreddato cotto il quindici di agosto. Mal di gola. Naso chiuso. Cotto. Sudato. Di accendere l’aria condizionata non se ne parla. Una tortura. Come trovarsi in alto mare disidratati e non poter bere. Stavo ancora nuotando. L’oceano e poi forse chissà, una spiaggia.
Il fantasma di Johnny Cash che mi perseguita. C’ho i miei fantasmi John non ti ci mettere anche tu.
Walk Hard, parodia di Walk the line, biografia del cantautore americano. Dall’omonima canzone. Non lo sapevo. E’ stato un caso beccare proprio oggi un programma in TV che ne parlava. Avrei continuato a crederla un’opera di fantasia se non mi fossi alzato. Che strano Johnny. Fa bene alzarsi.
Tuo fratello segato in due Johnny. Come si fa? Non era colpa tua, ma dico, come si fa a tirare avanti. Un fratello segato in due. Mah… Meglio lavarsi i denti.
Avrei proprio bisogno di un antibiotico. Uno spicchio d’aglio, qualcosa. Ho due occhi che piangono da soli. Sì, dovrei fare qualcosa per questo raffreddore. Le fottute tonsille. Sto uscendo pazzo. Vedere l’alba mi indispone. Mi deprime. Alto basso, alto basso. Questo mi fa pensare l’alba. E’ una sfumatura. Una sospensione che non lascia molto spazio alla fantasia. Che giorno sarà?
Sarà giorno, e tanto basta. Aliti puzzolenti. Colazioni. Donne struccate. Piatti da lavare. Cose da mettere in moto. Il cervello che stenta. In diesel da molto tempo. Qualcuno tossisce. Probabilmente sono io.
Dicevo, oggi mi tocca lavare i piatti, uscire per fare la spesa, studiare. Non ce la faccio, ma devo. Forse una doccia mi tirerebbe su. Sicuramente non giù. Però mi secco.
Vorrei fare tante cose, ma mi sento in un corpo non mio. Sono pure dannatamente eccitato, senza nemmeno la forza per farmi una sega. Forse è meglio fare la cacca. In che corpo sono capitato? Aiutami John.
A diciotto anni ero capace di giocare tre partite di calcetto e poi uscire la sera. Bere anche, e finirmi un pacchetto di sigarette. Poi il giorno dopo come se niente fosse. Altra partita di calcetto, studiare, scopare.
Ero una fottuta macchina del cazzo. Studiare, scopare, giocare. La bestia era dentro.
L’arancino piccante che più piccante non si può. A me non piace neanche l’arancino, ma questo brucia come se ti rimettesse a nuovo. Ti nutre ancora prima di masticarlo. Come resistere? Sapevo che me ne sarei pentito oggi stesso, ma ho ceduto. D’estate è una fatica anche cagare, però se sei in giro con gli amici, in compagnia insomma, te ne freghi del giorno dopo al cesso. E’ un’altra storia. Un altro momento.
Ora però dovrei davvero fare qualcosa. Col culo in fiamme e il ventre sgonfio. Sono ancora le otto, c’è tempo prima che il mondo si metta in moto. Tra un’oretta circa inizieranno a telefonare. Chi non importa. C’è sempre qualcuno che deve chiamare e rubarti un po’ a te stesso. E’ una questione di ritmo, è questo che non capiscono. Ed io non dovrei sprecare il mio tempo scrivendo, tanto il sogno non lo riacchiappo.
Johnny mi sei debitore in un certo senso. Non scherzo. Se non fossi morto John, non starei qui a dirtelo.

(bob)

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