pillole da Facebook
Questa frase è la mia dannazione.
Stamattina mi sono
accorto che qualcuno in casa aveva finito il provolone e mi è venuta in mente
quella celebre frase di Winston Churchill che recita più o meno così: “a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca
quasi sempre”. Questo anche perché la sua faccia (quella di Churchill, che
io ho sempre inspiegabilmente associato a quella di Alfred Hitchcock) così bianca
e rubiconda a causa delle foto che lo ritraggono più o meno sempre in bianco e
nero, mi ricorda in qualche modo proprio un provolone con la forma a mandarino.
Insomma, ho ritenuto
che qualcuno approfittando di circostanze di tempo e di spazio a me ignote avesse
finito tutto il formaggio che restava dalla sera prima lasciando me, e i
restanti membri della famiglia, virtualmente a bocca asciutta per il pranzo di
quest’oggi. In realtà, mi sono poi accorto che nel cassetto del ripiano più
basso del frigo c’era sorprendentemente una forma di provolone tutta nuova e
ancora intonsa che attendeva soltanto di essere aperta e che, quindi, il
presunto ladro di cui sopra non era in realtà un farabutto come avevo creduto
in un primo momento, ma anzi si era preoccupato di non lasciarmi privo della
mia dose giornaliera di grassi animali.
Da tutto questo ho
tratto la conclusione che nel pensare male ho pensato male due volte, perché
secondo l’aforisma di cui sopra ho fatto peccato, ma in realtà poi non c’ho
azzeccato minimamente e perciò ho fatto peccato due volte. Però, è anche vero
che se avessi scoperto che il presunto ladro era effettivamente un ladro,
perché, ad esempio, non aveva sostituito la forma di provolone rubata con
quella nuova (ah, tra l’altro l’etichetta riportava la data di oggi, perciò
sono sicuro delle buone intenzioni del presunto ladro), mi sarei comunque
ritrovato a pensare male in due casi: il primo avendo ritenuto immediatamente
che c’era stato un ladro, il secondo dopo aver confermato questa mia ipotesi
perché avrei continuato a pensare che il ladro era di fatto quello che era.
Insomma, sarà per
l’immediata associazione tra la faccia di Churcill, la frase di Churcill e il
provolone, ma mi sono reso conto che in qualche modo anche per il fatto che si
presta a molteplici interpretazioni la frase “a pensar male per primo si pensa male due volte” è l’equivalente
letterario delle macchie di Rorschach, poiché chi la legge a seconda delle sue
inclinazioni, radicate o transitorie che siano, le attribuisce un significato
etico positivo o negativo. Perciò, ho ritenuto doveroso fare un esperimento e
l’ho postata su Facebook.
Nel frattempo, però,
mi sono reso conto che la frase che io attribuivo a Churcill non è affatto sua,
ma del nostro stimato/odiato ex primo di tutto Giulio Andreotti e la cosa mi ha
colpito ancora di più che se fossi stato oggetto di attenzioni da parte di uno
stormo di colombi con l’intestino allegro appollaiati su un balcone lungo
diciotto metri proprio sopra la mia testa, perché di fatto attribuivo all’ ex
primo ministro inglese un immeritato cinismo deprimente e senza vie d’uscita:
ovvero ho pensato male di lui per primo senza avergli concesso il beneficio del
dubbio verificando la paternità della fonte. Questo mi ha fatto riflettere poi
sul fatto che nel giro di poche ore avevo trascorso la mia giornata peccando già ben
quattro volte fin dal mattino e che quindi la frase in questione si rivelava
adesso ai miei occhi come formula della funzione esponenziale del peccato di
pensare male: chi pensa male pecca due volte.
Ora, io non sono
esattamente quello che si dice un credente, ma credo in senso lato al concetto
di karma secondo la cultura induista come causa ed effetto delle nostre azioni
o pensieri e quindi mi sono ritrovato a pensare che avevo irrimediabilmente
innescato un meccanismo di disequilibrio potenzialmente distruttivo del lieto trascorrere
della mia giornata. Per di più, si tratta nella specie di una di quelle
insospettabili mattinate pre-estive di una tale rara bellezza da insinuarti il
dubbio dell’esistenza di un principio sommo regolatore che proprio oggi ha
pietosamente stabilito con un lancio di dadi di consentirti di dedicare
proficuamente il tuo tempo in una qualsiasi delle virtuose attività a breve o
lungo termine che possano venire in mente di realizzare a chiunque abbia un po’
di sale e una zucca in cui tenerlo. Il che, come credo sia facile immaginare,
ha generato in me uno stato d’ansia simile a quando da piccolo ti rendevi
perfettamente conto di non dover minimamente giocare con il pallone in casa, ma
lo hai fatto lo stesso e ora ti ritrovi con ben due quadri precipitati per
terra da una posizione esattamente troppo alta perché tu possa averli sfiorati
col tuo corpo inavvertitamente mentre passavi tranquillo per il corridoio e per
di più non vi è alcun buon motivo che giustifichi il foro di entrata del coccio
di vetro grosso quanto un dito che ha lacerato la camera ad aria del Super
Santos nuovo che avrebbe dovuto trovarsi chiuso nello sgabuzzino assieme alle
altre cose da mare e invece giace come una medusa arenata in un angolo alla
fine dello corridoio in cui si sono sparsi i vetri di quelle che un tempo erano
due comuni cornici prefabbricate acquistate alla Standa prima che tu nascessi e
a cui tua madre non si sa bene perché teneva in una maniera apprezzabilmente
sufficiente da farla andare su tutte le furie nel caso in cui fosse successo
loro qualcosa (senza considerare la palese violazione dell’espresso divieto di
giocare a pallone in casa).
Tutto questo ha e sta
avendo delle ripercussioni devastanti sulla mia persona a causa della memoria
selettiva che a seguito di queste riflessioni è ormai entrata in fibrillazione e
mi ha costretto per il resto della mattinata a pensare a tutti i casi in cui si
realizzava o si era già realizzata questa funzione esponenziale, perciò mi sono
reso conto che anche solo il fatto di aver pensato di essere stato in grado di
disequilibrare il mio equilibrio karmico aspettandomi inconsciamente tutto il
peggio possibile dal resto della giornata mi rendeva parte dello stesso
meccanismo che avevo contribuito ad avviare e che magari è proprio questa cosa
su cui mi ritrovo a riflettere adesso ciò che si dice in gergo “negatività”. Infine,
mi rendo conto che anche l’idea di partenza per cui la frase “a pensar male per primo si pensa male due
volte” potesse funzionare come equivalente etico delle macchie di Roschach
era di per sé una presunzione negativa nei confronti di chi si sarebbe ritenuto
disposto a commentarla, poiché ai miei occhi facendolo (cioè interpretando la
frase a modo suo) sarebbe potuto rientrare inevitabilmente soltanto nel tipo A
negativo o nel tipo B parzialmente negativo della tesi originaria.
In pratica, ciò che
cerco di dire è che credo di essermi ritrovato nel circolo vizioso di un
meccanismo di autoconsapevolezza distruttiva che allo stesso tempo non solo mi
perplime affannosamente, ma mi precipita in una spirale di mediocrità e
vergogna per l’autocommiserazione che sento di provare e suscitare nei
confronti di me stesso. Perciò, credo che il primo passo per venirne fuori sia
semplicemente quello di cancellare questa frase che assume adesso ai miei occhi
più o meno lo stesso significato della scena in cui ne La Casa di Sam Raimi la
voce del ricercatore morto che esce dal registratore a nastri magnetici declama
ad alta voce i versi del Necronomicon, ma non prima ovviamente di averti in
maniera esaustiva spiegato i motivi di questa mia altrimenti incomprensibile
decisione che troveresti del tutto ingiusta ritenendo magari che lo abbia fatto
per qualche sorta di risentimento nei tuoi confronti che in realtà ti assicuro
non esiste e per dimostrartelo metterò mi piace al tuo commento che trovo
veramente puntuale e dimostra l’attenzione (che io apprezzo moltissimo) nei
confronti dei miei aggiornamenti di stato.
p.s. mi rendo
benissimo conto che anche questa ultima frase è abbastanza carica di negatività
e cela una presunzione negativa nei tuoi confronti come se tu potessi
ragionevolmente essere portato a pensare male di me, però credo che sia ancora
colpa degli effetti nefasti del disequilibrio karmico che sta segnando questa giornata
di merda e da cui tento in tutti i modi di venire fuori.
(bob)
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